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domenica 29 novembre 2020 | ore 11:30online

È possibile una repubblica ecologica oggi?

La Repubblica di Platone e le sfide del mondo contemporaneo

lectio di Melissa Lane, politologa, docente della Princeton University

Cosa possono insegnarci oggi gli antichi in materia di sostenibilità ambientale?
Platone nella Repubblica offre un modello antico eppure attualissimo di governo, ponendosi come guida per il cambiamento sociale necessario ad affrontare la sfida contemporanea legata all’ambiente. Platone offre “un modello intuitivo e immaginativo” che può ispirare un’azione individuale responsabile, mostrando come dobbiamo incorporare la nozione di bene in tutti i ruoli sociali reimmaginando l’interdipendenza tra individui e comunità politica.
La politologa presenta un esempio riuscito di incontro tra studi classici e teoria politica contemporanea, dimostrando l’utilità del pensiero di Platone, a partire dal mito della caverna, per escogitare risposte all’urgente problema politico del cambiamento climatico globale.
Si parte dall’iniziativa virtuosa individuale per innescare un cambiamento di ordine globale.
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Studenti e studentesse del Liceo Classico Francesco Vivona di Roma hanno ascoltato la lezione di Melissa Lane, queste le loro considerazioni.

#1 di Andrea Costantino. 5^ f
Il punto di incontro tra la sostenibilità ambientale e il mondo antico è rappresentato dal senso di responsabilità, sia individuale che collettivo, che, nel primo caso, è il presupposto umano e (quello che dovrebbe essere) lo stimolo per l’azione di tutti, mentre nel secondo caso un fattore principale nell’analisi e nel percorso teorico dell’ideale politico.
Melissa Lane, Professoressa di Politica presso la Princeton University e Direttrice presso University Center for Human Values, richiama i fondamenti della Repubblica di Platone per introdurre un sistema di governo che, partendo dal singolo per arrivare al bene collettivo, è possibile osservare come riferimento per un cambiamento sociale a cui non si può venire meno: vincere l’inderogabile sfida ambientale.
Coraggio, Temperanza, Giustizia e Saggezza: le quattro virtù dell’anima secondo il filosofo greco con le quali nel mondo contemporaneo, come in quello antico, siamo tenuti ad affrontare l’avidità e la ύβρις (letteralmente: “tracotanza”, “insolenza”), che l’umanità si porta avanti nel tempo.
Possiamo osservare come la Temperanza sia ritenuta basilare rispetto alle altre tre virtù platoniche, dal momento che, come evidenzia Kant, l’autocontrollo senza sapienza può essere cieco, ma la sapienza senza autocontrollo è impotente”.
Ancora contrapponendo passato e presente, prendiamo in analisi la πλεονεξία, l’insaziabile bisogno di possedere ciò che è già in possesso di altri, causando, per i Greci, tensioni tra individuo e città. Oggi non è considerato un vizio, ma una normalità, a tratti una virtù, poiché il sistema ci fa “essere migliori” se accumuliamo più beni materiali. Questo ragionamento si ricollega al “mito della caverna”, paragonato al percorso che l’uomo compie partendo dal proprio contesto cittadino, dove regna la tendenza alla produzione materiale e ne segue che questo si illude della realtà, trascurando le “vere” priorità umane.
Tuttavia in ogni momento storico la conoscenza massima, il “Bene”, si preserva, in quanto unica che permette di intuire un desiderio di poterla provare e avere realmente, non accontentandosi dell’apparenza, che appunto caratterizza il difetto sociale della πλεονεξία, influenzando in questo senso il sistema in cui viviamo. Oggi il “Bene” può agevolare l’uomo nell’orientamento universale della sua condotta, provvedendo nel suo piccolo e nel contesto in cui si trova, di cui apice è rappresentato dallo Stato. All’interno di sistemi che necessitano di essere cambiati, l’azione individuale è fondamentale per “scontare” il debito ecologico. Il fulcro della manovra di miglioramento è la totale comprensione di come, avviandosi sulla strada verso la verità e il Bene reale, si raggiunga la libertà, che di certo non si sfiora con ciò che in apparenza può soddisfare il nostro sentimento di “ciclica” mancanza.
La Professoressa suggerisce una soluzione pratica nell’epilogo, facendo appello al pensiero di molti ecologisti: trasformare la visione della produzione da bene sano a male insano, poiché l’unico percorso evolutivo con senno possibile è descritto dal cammino parallelo di crescita e salute. L’uomo, collaborando con il prossimo, trovandosi in un nuovo sistema che tende al bene collettivo (una collettività che, in questo caso, comprende tutta la popolazione mondiale), deve costruire “eco-repubbliche” collegate da una “co-produzione”, dunque comprendendo le reali priorità per l’esistenza.